GIÙ LA TESTA, DA SERGIO LEONE ALL’INTRAMONTABILE SERMONE
GIÙ LA TESTA, NO NON E’ UN WESTERN: SI PARLA DI GOLF!
GIÙ LA TESTA: è difficile stabilire il motivo per il quale alcuni falsi miti riescano a sopravvivere e ad attecchire nella mente dei più, ma è un fatto che molti di essi siano duri a morire, e che solo i veri esperti di quel particolare settore di pertinenza siano in grado di smascherarli.
Falsi storici.
Un po’ come gli storici medievali sorridono di fronte allo scolastico quanto inesatto schema piramidale fatto di vassalli, valvassori e valvassini, o così come la teoria secondo la quale utilizziamo solamente il 10% del nostro cervello è stata da tempo smentita, così gli addetti ai lavori del golf sono consapevoli dell’inesattezza della celebre sentenza: «Hai sbagliato il colpo perché hai alzato la testa all’impatto».
Ma, come detto, talune credenze sopravvivono a lungo, e così per molti golfisti-consiglieri un: «Non hai ruotato le spalle» o ancora un: «Concentrati solo sul tenere la testa ferma quando colpisci la palla» racchiudono in sé tutto lo scibile della tecnica dello swing.
Occhio al professionista!
Andando a fondo della questione è necessario osservare innanzitutto un giocatore professionista al momento dell’impatto, per poter così notare una serie di fatti curiosi: in questo preciso istante la testa del golfista si abbassa, così da rendere l’angolo del collo piatto e parallelo al terreno mentre, al tempo stesso, il centro dello swing (un punto posizionato nella parte alta della schiena) si solleva leggermente, pur non variando di molto la propria posizione rispetto all’address. Dopo che la faccia del bastone ha colpito la palla la spalla destra si avvicina al mento, quasi per portarlo via dalla posizione assunta un istante prima e permettere così a tutto il corpo di ruotare liberamente nel follow through. E qui sta il fatto: se il giocatore continuasse a guardare il terreno anche dopo aver impattato la palla, tutta l’azione di rotazione del corpo in avanti ne verrebbe inibita. Infatti non è la testa che deve rimanere ferma all’impatto e oltre, bensì il già citato centro dello swing.
Di fatto esistono addirittura alcuni giocatori (vedi ad esempio l’ex numero uno del mondo David Duval [1], o l’altrettanto celebre Jim Furyk) che colpiscono la palla con la testa che sta già ruotando verso l’obiettivo. Potrebbe davvero un giocatore raggiungere la leadership mondiale e un altro vincere lo U.S. Open del 2003, se guardare sempre la palla e stare giù con quella dannata testa fosse realmente così importante?
Ancora un segreto…
Ancora un piccolo segreto: nella stragrande maggioranza dei casi i top dipendono non da un sollevamento del corpo all’impatto o dall’aver guardato volar via la palla troppo in fretta, bensì esattamente per il motivo opposto, ovvero a causa di un eccessivo abbassamento del corpo nella discesa. [2] Ma com’è possibile tutto ciò? Ebbene, ecco in realtà quel che accade: nel downswing il corpo cede verso il basso e le braccia si rattrappiscono in maniera vistosa, facendo sì che la pallina venga colpita nella parte superiore. Se possedete un’App capace di generare uno slow motion dello swing – e grazie alla quale poter disegnare alcune linee sul vostro device – provate a tracciare un segmento sopra la testa del giocatore affetto da top. Portate a questo punto il video al momento dell’impatto e notate se rispetto a quella linea la testa si è abbassata o sollevata, e se davvero il giocatore sta guardando l’obiettivo prima del contatto con la palla. Molto probabilmente potrete notare che si è verificato esattamente il contrario (salvo, ovviamente, rari casi, ma questo solo poiché nel golf è davvero possibile tutto e il contrario di tutto!)
D’ora in poi dunque, l’unica volta in cui pronuncerete la frase: “Giù la testa” sarà solo perché vorrete rivedere il celebre film western del 1971 diretto da Sergio Leone, accompagnato dalla colonna sonora, languida e intensa, del grande e intramontabile Ennio Morricone. [3]
[1] https://youtu.be/lR5gT7tu8Cc?si=pDT8bXd9xQONzA7N
[2] https://youtu.be/s50K65PNeBU?si=lpF2auEsNBqkZ-l9
[3] https://youtu.be/JND2BbIMMJw?si=P9XSh02sPIMPcNaw
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Ricordo che quando ero bambino irridevo chi si dedicava al gioco del golf, così per come lo potevo osservare in televisione in quelle prime e rarissime trasmissioni condotte dai veri precursori mediatici del nostro sport in Italia. Poi passò qualche anno e, rivedendo casualmente quegli strani movimenti sul piccolo schermo, improvvisamente, così, dal nulla, rimasi folgorato. Più che di un colpo di fulmine si trattò di un vero e proprio colpo di golf, o perlomeno di alcune mie prime fantasie a riguardo, di me che ad esempio tiravo un ferro medio dal centro di un qualche fairway, producendo una palla con un leggero fade che poi atterrava dolcemente sul green, sparendo in quella lontana buca segnalata dall’asta e dal garrire del suo drappo purpureo. Non ho mai giocato a golf per hobby, questo va detto: da quel fatidico giorno decisi che avrei voluto diventare un professionista, e che mi sarei allenato anche fino allo sfinimento per riuscirci. Il caso ha voluto che il quarto e ultimo giorno della famigerata prova per essere ammessi alla Scuola Nazionale Professionisti ritrovai nel mio terzetto proprio il mitico Andrea Benassi, ragazzo che ai tempi conoscevo molto poco. Quel giorno, ricordo, non c’era molto tempo per sorridere, proprio poiché la tensione e la posta in palio si davano da fare per divorare la tempra dei vari giocatori. Eppure, dopo anni, eccoci qui! Per ciò che riguarda la mia carriera da professionista e da insegnante mi verrebbe per prima cosa da ringraziare le infinite e belle persone che ho incontrato lungo il mio percorso di crescita. Il fatto è che l’elenco sarebbe davvero troppo lungo, e il rischio di dimenticarne qualcuna troppo grosso. Personalmente cerco comunque sempre di farlo in privato, poiché doveroso. Su di me posso ancora dire di aver scritto tre libri sulla tecnica e sull’aspetto mentale del golf, avendo la fortuna di essere stato pubblicato in due occasioni dalla casa editrice di sport più importante in Italia. Con tutti e tre i manuali ho potuto raggiungere il primo posto in classifica tra i 100 bestseller di settore su Amazon, e per uno di essi (ovvero per: “I 50 migliori esercizi per un grande golf”) ho ricevuto la menzione speciale da parte del CONI, del Presidente Malagò e del Presidente della FIG Franco Chimenti, evento che in settant’anni non era mai accaduto a un testo sul golf ed onore che in passato aveva riguardato protagonisti e penne famose del giornalismo, come quelle di Faustino Coppi e di Gianni Clerici. Sono stato opinionista e ospite in alcune trasmissioni televisive e radiofoniche, ho gestito per tre anni un campo in Piemonte, e nel corso della mia carriera ho aiutato più di un allievo nel proprio percorso di passaggio al professionismo. Ritengo da sempre questo sport come una scuola di vita: la più frustrante ma magnifica esperienza che si possa provare.
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